È oramai da qualche anno che entusiasti investitori promettono che “il futuro è nelle criptovalute”. Tali promesse spesso avvengono in assenza di analisi rigorose della funzione economica di un mezzo di pagamento decentralizzato. È importante, pertanto, formulare dubbi a proposito di questi nuovi postulati al fine di generare sia consapevolezza sia dibattito. Questo breve articolo riprende una mia intervista con il servizio di comunicazione della mia università il 21 marzo disponibile qui e ripresa da swissinfo.ch. Una versione in inglese di questa stessa intervista è disponibile qui.
Le criptovalute come mezzo di pagamento?
Le criptovalute rappresentano uno strumento di pagamento alternativo alla moneta che noi tutti conosciamo. È tuttavia difficile immaginare che si tratti di un esperimento in grado di rivoluzionare le nostre future esistenze. Lo sviluppo economico e il progresso delle nazioni si snodano attraverso la creatività e l’ingegno umano. Non ho mai sentito parlare di una rivoluzione industriale avvenuta a causa degli strumenti in grado di facilitare le transazioni commerciali. Ciò di cui si ha semplicemente bisogno è un sistema di pagamenti ben collaudato e stabile. Le criptovalute non sembrano possedere tali attributi di affidabilità.
Cosa non convince delle criptovalute?
L’inerente volatilità. Un mezzo di pagamento deve essere quanto più stabile possibile. Immaginiamo una famiglia che riceva uno o più stipendi in euro ma che abbia allo stesso tempo contratto un debito ipotecario in bitcoins. Le uscite di questa famiglia sarebbero notevolmente influenzate dall’andamento del corso dei bitcoins. Il problema è che questo andamento è notoriamente instabile in parte perché non controllato da un’autorità centrale. L’importanza della stabilità monetaria è riconosciuta dagli ordinamenti giuridici dei paesi industrializzati. La Banca d’Italia, per esempio, è un istituto di diritto pubblico sin dalla legge bancaria del 1936. Essa oggi contribuisce alla determinazione della politica monetaria nell’area euro attraverso la sua partecipazione al consiglio direttivo della Banca Centrale Europea. Nella Confederazione Svizzera, tale importanza è riconosciuta persino dalla Costituzione che, nel suo articolo 99, attribuisce alla Banca Nazionale Svizzera il compito di condurre una politica monetaria nell’interesse del Paese. Un’autorità centrale contribuisce alla stabilità della sua valuta proprio perché gestisce il processo di creazione monetaria ispirandosi dalle condizioni congiunturali di inflazione o deflazione. Al confronto, le criptovalute rappresentano una “moneta” decentralizzata. Il loro processo di creazione è determinato da un algoritmo slegato dalla congiuntura e il loro valore è soggetto a violente fluttuazioni dovute a forze di mercato che non possono essere gestite così come una banca centrale gestisce i meccanismi che assicurano la stabilità della sua valuta. La stabilità dei mezzi di pagamento ha un’utilità pubblica alla quale è difficile volere rinunciare. Allo stato attuale, non sono ancora convinto dai cosiddetti “stablecoins” (le criptovalute che mirano ad ancorare il proprio valore a un certo quantitativo di moneta fiat come il dollaro americano o il franco svizzero). L’adozione di uno stablecoin come mezzo di pagamento richiederebbe una regolamentazione che per ora è lungi dall’essere stata neanche concepita.
Ci sono degli aspetti che vanno valutati anche a livello etico?
Alcune criptovalute consentono transazioni a fronte delle quali è difficile rintracciare l’identità dei contraenti. Tali criptovalute favoriscono pertanto transazioni riconducibili a attività criminali e/o il riciclaggio di proventi illeciti e a queste attività riferibili. È una contraddizione incoraggiare l’utilizzo di mezzi di pagamento che facilitano attività considerate illecite dalla nostra stessa costruzione giuridica.
Quali sono le origini di questo modello “insicuro”?
La manipolazione del mercato. Il concetto è molto semplice. Nel mercato delle criptovalute, esistono operatori, talvolta difficilmente identificabili, che comprano o vendono ingenti quantità di valute allo scopo di influenzarne i corsi e ricavare profitti di breve termine del tutto dissociati dall’economia reale. Sono questi frequenti episodi di manipolazione a esporre un potenziale utilizzatore di criptovalute al rischio di enormi perdite. Questo modello è inoltre insicuro perché frequentemente esposto a episodi di bolle o entusiasmo speculativo.
C’è un tentativo di regolamentarne l’utilizzo?
Vedo in modo assolutamente favorevole il progresso derivante dall’adozione della tecnologia blockchain in ambiti finanziari, amministrativi e commerciali. Le stesse banche centrali potranno prima o poi emettere moneta digitale. Le mie perplessità riguardano l’adozione di criptovalute decentralizzate come mezzo di pagamento. Abbiamo assistito a iniziative di finanziamento di piccole società attraverso l’emissione di “token” digitali. Se regolamentato, questo mercato avrebbe potuto consentire a piccole imprese di accedere a canali di finanziamento innovativi. La regolamentazione è un punto di riferimento imprescindibile perché consente agli investitori di operare con informazioni quanto più accurate possibili. I mercati dei token digitali continueranno a richiedere un’attenzione regolamentale almeno tanto importante quanto quella adottata nell’ambito dei mercati finanziari.